martedì 25 settembre 2012

Typewriter #7: Itaila's Novel





Affezionati lettori di Bookcret,
continua la pubblicazione del libro intitolato: "Non c'è niente di cui aver paura, è solo amore".
Se desiderate leggere il:
I Capitolo, schiacciate QUI
II Capitolo, schiacciate QUI
III Capitolo, schiacciate QUI

Buona lettura a tutti/e


IV Capitolo

Erano le nove e dieci quando il professor Leanderson, l'odiato insegnante di svedese, entrò in classe.

"La davamo per disperso, signor Leandeson..."

cominciò a punzecchiarlo Emil, il più sfacciato della classe. "Come hai detto Sjöberg?"

Il vecchio aveva l'aria arrabbiata dalla mattina, si era svegliato male ed era pronto a sputare peste e corna contro i mondo, come ogni sacrosanta mattina.

"Andiamo signor Leanderson, era una battuta!"

Rickard intervenne a favore del compagno,ma poi si stoppò temendo di mandare tutta la classe da quel babbuino del preside.

"Non era una battuta divertente."

Il professore era proprio arrabbiato quel giorno, e come biasimarlo? Vivere da più di quarant' anni tutto solo in quell'enorme casa vuota in periferia, vicino a Göteborg, con il suo inseparabile cane Pontus.

"Ragazzi, oggi siete pregati di comprendermi, è morto il mio vecchio cane, tra poco avrebbe compiuto dodici anni e l'ho allevato fin da cucciolo, quindi è stato un brutto colpo per me e potete aiutarmi stando calmi ed ascoltando la lezione senza vernecchiare come ragazzine nei negozi, per favore."

Come non detto, senza Pontus.

"Ho bisogno di firmare dei documenti, intanto voi fate gli esercizi 23 e 24 a pagina 225, sul verbo 'lägga till', avete due coniugazoni, dovete scegliere quella giusta e coniugarla al riflessivo. Non è difficile, quindi se non sapete farlo o avete qualche dubbio...tenetevelo per voi."

Ecco il suo umorismo fantastico. E il bello è che lui crede per davvero che gli altri lo trovino divertente! O forse è solo autocommiserazione. L'insegnante uscì con un aria che era un misto tra sofferenza, solitudine, sfacciataggine e rassegnazione. Quasi nessuno dei ragazzi fece caso al suo volto triste, e chi ci fece caso provò solo solievo, quel vecchio allocco che punisce i ragazzi deve soffrire!

"Perchè non se lo mangia il cadavere del suo cane pulcioso, signor Leanderson?? "

Sven-Åke, quello bocciato due volte in svedese, non perse l'occasione per sbeffeggiarlo, appena fu sicuro che l'uomo si fosse allontanato abbastanza da non sentirlo.

"Lukas..."

Andrès doveva parlargli, e l'unico modo era sedersi accanto a lui, nel banco in fondo, accanto a termosifone.

"Lukas!"

Ma a che pensava di tanto importante da non riuscire a sentirlo?

"Lukas, ti chiama Andrès, rispondigli e non farmelo più sentir borbottare!"

Seth, il compagno di banco di Andrès, non aveva paura di alzare la voce più del consentito, perchè tanto aveva voti da far schifo in tutte le materie e non aveva niente da rimetterci. Lukas scostò veloce lo sguardo da Seth, a suo parere antipatico come la morte, per spostarlo in direzione di Andrès.

"Chiedi al professore di metterti accanto a me? Ti devo parlare..."

Lukas avrebbe voluto, avrebbe voluto tantissimo, ma per non far notare il rossore sulle guance venutosi a creare dopo che il compagno gli aveva rivolto la parola, cambiò discorso

"Ma oggi è furioso, non ne vale la pena perchè tanto dice di no...gli è morto pure il cane...non me lo puoi dire all'intervallo?"

Andrès notò subito il cambiamento nel volto di Lukas. Un po' lo sapeva di piacergli, lo aveva intuito da diverse piccole cose, quasi impercettibili, ma chiare. Solo che sapeva bene che Lukas interessava a tante ragazze e non voleva illudersi del fatto che a lui potessero interessare i maschi. In fondo ci sperava però. Andrès aveva preso varie cotte, una in particolare per una ragazza brasiliana di un anno più grande di lui. Durò abbastanza, ma lei aveva già un fidanzato e poi il trasferimento in Svezia di lui avrebbe rovinato tutto, così non si fidanzarono mai. Andrès una notte non era riuscito a dormire, e ,tramite una fitta rete di fili di pensieri, era arrivato a pensare a Lukas. Poteve essere che era interessato ai ragazzi? Magari no, ma se fosse stato così,sarebbe stato bello. Ad Andrès piacevano le ragazze, e si trovò un po' spaventato da quel pensiero. Riuscì ad essere sincero con se stesso fino ad ammettere che aveva preso una sbandata per Lukas. Ma non lo disse mai a nessuno, e non intendeva farlo.

"Andrès?"
destato dai suoi pensieri, il ragazzo alzò la testa. "Si...si, te lo dico all'intervallo." Non era quello che voleva, ma fu tutto ciò che riuscì a dire. Lukas intanto era divenuto ancora più rosso in volto, sarebbe stato un dramma se qualcuno se ne fosse accorto...cercò disperatamente qualcosa a cui rivolgere la sua attenzione per far sbollentare il viso. Si girò verso la finestra alla sua destra... trovato! "Nevica!" disse, e fu come se avesse spinto un pulsante di autoscatto per far saltare in piedi tutta la classe.

"Tutto questo è inammissibile! Vi chiedo un po' di comprensione e voi che fate? Uscite dalla classe senza il mio permesso per far sapere al resto dell' Istituto che nevica? Lo sapete che cosa ho deciso? Che da oggi non sarete più lasciati soli, perchè avete dimostrato di essere proprio immaturi! Io sono andato a fare il mio dovere, non il mio piacere!" Prevedibile. Il professor Leanderson era rientrato in classe pochi minuti dopo, aveva trovato tutti i ragazzi alzati ed alcuni non erano nemmeno in classe. Si era arrabbiato tantissimo. Sicuramente avrebbe fatto rapporto al preside. Il babbuino. Il preside era un ex insegnante di matematica e si chiamava Kaj Ek, ma gli studenti lo chiamavano babbuino perchè aveva le labbra carnose e sporgenti. Puniva severamente perchè nella vita era infelice, questo si capiva. Da quando sua moglie Una era morta, sei anni prima, lo aveva lasciato solo e senza prole, così, come molti degli insegnanti dell' Istituto Scientifico maschile Alfred Nobel , si sentiva realizzato essendo duro con i ragazzi. E cco perchè tutti temevano il sessantenne baffuto che sedeva dietro la scrivania in mogano. Ed ora la classe I° F era nei guai, sottoposta al suo giudizio. L'intervallo suonò e, stranamente, il professor Linderson non aveva costretto i ragazzi a stare seduti a "riflettere sul loro comportamento", some sovente usava fare dopo una marachella da parte dei suoi alunni, forse perchè quel giorno era troppo triste. Pian piano la classe si svuotò, gli studenti si riversarono nei corridoi dell' Alfred Nobel lasciando l'uomo a firmare le sue carte dietro la cattedra.

"Andrès! Grande, abbiamo praticamente saltato la lezione di svedese...puoi...puoi dirmi quello che vuoi adesso, ti ascolto."

Lukas vinse il batticuore e guardò negli occhi Andrès.

"Si, proprio forte...Lukas, mi tieni compagnia questo pomeriggio?" Il giovane brasiliano si infilò le mani nelle tasche profonde del giachino marrone. "Oh Andrès, mi piacerebbe ma non posso restare oggi, ho dimenticato il pranzo a casa, devo tornare." Andrès aveva le lacrime agli occhi, si vergognava, si vergognava terribilmente, ma doveva. "Lukas mi ospiterà per oggi, sono sicuro, lui è così buono e sua mamma è molto disponibile, è solo e soltanto per oggi, poi mi arrangerò." pensava.

"Andrès? Ti senti bene? Che cos'hai oggi, sei tanto strano...non vorrei che"

"Lukas," lo interruppe "Posso venire a pranzo a casa tua oggi?? E' solo per oggi, promesso, poi mi trovo qualcos'altro, io non ti voglio disturbare, nè te nè Laura, solo che davver non so dove andare, sono disperato e poi mi..."

"Che cosa?...'Ti' cosa?"

" Non mi ricordo come si dice in svedese. "

" Andrès, stai piangendo, vero?"

" Scusami, veramente. Ti voglio tanto bene."

L'abbraccio che seguì fu uno dei più teneri di tutta quell'amicizia.

" Uuuh, lo svedese più sfigato della storia si fa abbracciare dal sud americano da quattro soldi, perchè non ce l'hai detto prima che eri gay, Lukas?"

Lukas divenne viola in viso, tanta era la vergogna. Cosa avrebbe potuto rispondere? Quella era la verità.

"Dai Jhoan, si vede che non ce l'hai mai avuto un amico."

Rimandò Andrès, più colorito di Lukas, al compagno della II° C.

Allontanatosi Jhoan, i due tornarono, rossi in viso, al loro discorso, stando bene attenti a non incrociare l'uno lo sguado dell'altro.

" Io chiamo mia mamma, di sicuro potrà cucinare qualcosa anche per te."

"Sei gentilissimo Lukas, ti ringrazio con tutto il mio cuore. Ti prometto che è solo per oggi."

" Sai che a casa mia sei sempre il benvenuto."

Si scambiarono un sorriso timidissimo, poi Lukas accese il cellulare. Le parole che Andrès riuscì a sentire furono solo

"Ciao; si sono io; senti Andrès può mangiare a casa nostra? Sembra importante...non lo so, non mi sono permesso. Vabbè, si, le Kotbullar gli piacciono, Ciao mamma, è quasi finito l'intervallo."
Lukas era stato gentilisimo, ed ora si sentiva in debito con lui. Doveva dirgli il perchè di quella richiesta improvvisa d'aiuto, ma temeva che dopo tutto sarebbe cambiato.